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La realtà non è mai una

Questa settimana vogliamo riflettere su un fatto di cronaca che una decina di giorni fa ha fatto molto rumore: la denuncia di una mamma di un bambino autistico che ha visto rifiutare l’iscrizione di suo figlio da tre scuole medie.

Secondo l’articolo apparso sul sito di “Repubblica” del 20 marzo scorso, i dirigenti scolastici dei tre istituti, avrebbero risposto alla signora che nelle classi prime c’erano già troppi ragazzini con disabilità e non potevano accoglierne un altro.

Devo ammettere che in un primo momento, quando ho ascoltato la notizia, mi sono molto arrabbiato e a tutt’oggi ritengo un fatto gravissimo che un bambino non trovi posto nella scuola dell’obbligo, a causa di una disabilità che non si è cercato e che avrebbe bisogno di aiuto proprio nell’integrazione con i suoi pari.

Vorrei però sforzarmi di andare oltre il mio pensiero e cercare di analizzare un pochino più a fondo la questione, utilizzando anche l’esperienza che io stesso, pur avendo una patologia completamente diversa, ho vissuto negli anni della scuola dell’obbligo.

Inizierei da un commento all’articolo, che mi ha aiutato a riflettere:

“Sono Preside dell’I.C. di Campomarino (CB), ho qualche difficoltà a credere che i fatti siano andati come riportato nell’articolo, anzi mi sembra assurdo. Noi siamo pronti ad accogliere tutti e non perché siamo una scuola speciale, perché le scuole, tutte le scuole sono inclusive per statuto ontologico. Ecco perché dico che mi sembra assurdo. Noi saremo felici di accoglierlo ma, sono sicuro, che tutte le scuole lo sarebbero”.

Da qui allora nasce la domanda, sicuramente questo fatto non doveva accadere, ma forse davvero quei tre istituti non avevano le risorse adatte per accogliere quel bambino.

Allora queste deplorevoli situazioni, oltre a scatenare indignazione, che ritengo sacro santa, dovrebbero aiutarci a collaborare insieme per fare in modo che non accadano più fatti del genere, che nessun altro istituto si possa trovare nelle condizioni di rifiutare nessun bambino o ragazzo con qualsiasi tipo di disabilità.

Mi vengono in mente due aspetti, derivanti dalla mia esperienza, sicuramente sono solo due gocce nell’oceano, ma potrebbero essere utilizzati come spunto per cominciare un’analisi di una questione tanto importante quanto complessa.

  1. Fondamentale la formazione di insegnanti di sostegno che siano in grado di interagire con ragazzi con qualsiasi tipo di disabilità. Specialmente di fronte ad alcune patologie, non bastano l’impegno, la buona volontà e l’entusiasmo (caratteristiche comunque che stanno alla base), ma è necessaria una preparazione adeguata che possa aiutare realmente il ragazzo a svolgere un percorso scolastico, calibrato il più possibile sulle sue capacità, puntando a scoprire e fare emergere i suoi punti di forza.
  2. Oltre agli insegnanti di sostegno, credo che tutto il corpo docente, debba essere sensibilizzato di fronte all’alunno disabile. Solo in questo modo la diversità potrà essere davvero vista come fonte di ricchezza e non come un ostacolo che rallenta l’apprendimento del resto della classe. Perché i nostri ragazzi non sono soltanto “cervelli da riempire” di nozioni, ma dato che saranno gli uomini e le donne del futuro, hanno bisogno di crescere e maturare anche dal punto di vista umano.

Alle scuole medie io spesso utilizzavo il computer perché ero molto lento a scrivere a mano, ricordo che alcuni professori mi facevano stare fuori dalla classe, in corridoio con la porta aperta, perché secondo loro il rumore del PC disturbava e distraeva i miei compagni.

Perciò ribadisco è giusto proporre ai ragazzi esperienze che aiutino l’inclusione di persone con disabilità, ma i primi che devono crederci sono gli insegnanti.

Questo diventa possibile soltanto se i docenti per primi sono aiutati ad avere gli strumenti per conoscere e per rapportarsi con gli alunni con disabilità. Solo così, superata la paura della diversità, potranno aiutare a loro volta il gruppo classe a fare lo stesso.

In questo modo, allora, quando a un istituto sarà chiesta l’iscrizione di un bambino con disabilità, non ci saranno più problemi: l’intero corpo docente saprà come fare ad accoglierlo al meglio e insieme agli altri studenti sarà in grado di guardare oltre i limiti per scoprine la ricchezza.

Luca Dalla Palma

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