Nati due volte
La diversità per quella che è
Qualche tempo fa ho assistito allo spettacolo TARGATO H di David Anzalone in arte Zanza, attore comico e disabile. Un monologo sferzante che non lascia spazio alla cultura pietistica e caritatevole, ma che richiede di chiamare le cose con il loro nome e trattare la diversità con franchezza.
Nati due volte
Il libro di Giuseppe Pontiggia “Nati due volte” mi ha riportato in più passaggi a quello spettacolo, perché anche qui, sebbene in modo diverso, ci si interroga più volte su cosa sia la diversità e come affrontarla. Giuseppe ci racconta in modo a volte ironico e sempre appassionato il rapporto tra sè stesso, in quanto padre, e il figlio Paolo, dalla nascita all’adolescenza.
La storia di Paolo
Paolo ha avuto problemi al momento della nascita: la sofferenza cerebrale dovuta al forcipe e alla scarsità di ossigeno lascia nel piccolo delle lesioni permanenti. All’inizio pochi hanno il coraggio di parlare con schiettezza ai genitori; dopo tre mesi dalla nascita un professore dichiara apertamente quale potrebbe essere il futuro del bambino: ritardo nel parlare, andatura barcollante, manualità difettosa… “questi bambini nascono due volte: Devono imparare a muoversi in un mondo che la prima nascita ha reso più difficile: la seconda dipende da voi, da quello che saprete dare. Sono nati due volte e il percorso sarà più tormentato. Ma alla fine anche per voi sarà una rinascita”.
La sua disabilità
Chi però sbatte in faccia con schiettezza e durezza ai genitori la situazione di Paolo è una fisiatra a cui i genitori si rivolgono: “Tetraparesi spastica distonica”. Presenta senza tanti giri di parole che il bambino potrà camminare, perdendo continuamente l’equilibrio, potrebbe inoltre essere coinvolta la parola e la manualità, li incita a iniziare senza indugi e a ritmo serrato la fisioterapia. Tale atteggiamento schietto provoca però un rifiuto e solo a distanza di anni il padre ammette che la dottoressa è stata l’unica a dare del futuro di Paolo l’immagine più vicina alla realtà ed è proprio per questo che è stata rifiutata.
Non accettare la disabilità
“Quando si è feriti dalla diversità, la prima reazione non è accettare la disabilità, ma negarla. E lo si fa cominciando a negare la normalità” e allora ci si domanda cosa sia la normalità:
non si combattono le differenze negandole, bensì modificando l’immagine che abbiamo della norma. Non esiste una normalità, ma moltitudini di diversità e con queste dobbiamo fare i conti.
Spesso però ci si scontra anche con situazioni complicate: la dirigente scolastica proprio per voler considerare Paolo uguale agli altri non tiene conto di come la sua diversità deve fare la differenza e – come afferma Pontiggia – riconoscerla è un dovere per tutti e non è discriminazione. Paolo all’ingresso in prima media viene assegnato ad una classe per sorteggio e, in seguito alla richiesta del padre di farlo rimanere con il gruppo di compagni della scuola primaria con cui è più affiatato, si sente rispondere che la norma è uguale per tutti e non si possono fare eccezioni. Solo dopo lunghe discussioni l’autore riuscirà ad ottenere quanto richiesto.
Un controsenso: disabile è uguale agli altri?
Spesso in nome del “politicamente corretto” si pensa che considerare la persona disabile uguale agli altri sia un modo per non discriminarla, ma è sempre Paolo che, spesso con ironia, fa comprendere al padre che essere trattati in modo speciale a volta funziona: utilizzare un ascensore per scendere dall’aereo invece che scendere a fatica una ripida scaletta, un saluto ed un applauso di benvenuto in un villaggio turistico che viene fatto solo a lui proprio perché disabile, una sedia a rotelle nel museo di Heraklion che, anche se ne può fare a meno, gli comporta meno fatica…
Alla conquista della felicità
Paolo ha imparato presto che dagli altri bisogna farsi perdonare pregi e difetti e quindi guarda gli altri con fiducia consapevole che questo è il primo modo di suscitarla. Chi come lui è nato con una disabilità deve conquistarsi giorno per giorno, più degli altri il proprio diritto alla felicità. E Paolo – ci dice suo papà – “prova simpatia per il mondo. E il mondo lo ricambia”.
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Emma Ducoli
Volontaria di AltraVoce Onlus