Saveria Beha: non ci si può fermare prima della felicità
Normale, disabile o persona “molto speciale”. Ti sei mai chiesto che cosa sia la normalità? Per vita normale solitamente intendiamo un percorso che preveda studio, lavoro, affetti, famiglia, passioni, cose intelligenti…
Tutti possono aspirare ad avere una vita normale?
Saveria Beha pensa di sì, e tutti vorremmo rispondere nello stesso modo, che costruirsi una vita normale è un diritto di tutti. Ma vale anche per chi ha una disabilità mentale?
Barriere architettoniche, pregiudizi, diffidenza, limiti soggettivi possono essere ostacoli davvero difficili da superare.
Ci sono casi in cui però la diversità può comunque dare la possibilità al soggetto di essere se stesso e di acquisire autonomia e dignità.
Prendiamo come esempio un ragazzo che ha un ritardo mentale o la sindrome di Down.
Luca e Silvana oggi sposi
In questi giorni, un breve passaggio su un tg ha presentato l’esperienza di un ragazzo e di una ragazza down – Luca e Silvana – che lavorando insieme in una mensa, si sono conosciuti, si sono fidanzati e anche sposati, in chiesa a Bolzano. Una coppia di innamorati che come tanti sognava da tempo il gran giorno, ma per loro non è stato facile: da ben dieci anni avevano il desiderio di convolare a nozze ma le difficoltà da parte dei famigliari sono sempre state più forti. Luca e Silvana però non si sono persi d’animo e Luca stesso conferma i suoi sentimenti: “Lo so dal primo giorno che mi sono innamorato, siamo una coppia e vogliamo stare insieme” come racconta a Corriere.it. “Aspettavo il matrimonio da tanto tempo, quando ho detto di sì ero emozionatissimo. Adesso Silvana è finalmente mia moglie. Dopo questo grande passo, non vedo l’ora di partire per il viaggio di nozze“ ha aggiunto Luca. Con Silvana si sono conosciuti in un centro per lo sviluppo dell’autonomia, un progetto di vita che ha cambiato le loro vite oltre ad essere stata formativa.
Al di là degli stereotipi
Il regista Stefano Lisci, piacevolmente coinvolto dalla storia dei due innamorati, scriverà un film su di loro: conoscere la storia di Luca e Silvana permette di carpire la semplicità ma anche la forza che sta dietro a chi è come chiunque altra persona, nonostante la fragilità. E permette di capire anche le difficoltà e i pregiudizi che i due hanno dovuto affrontare. Il diritto di amare chi si sceglie e di stare insieme al di la degli stereotipi.
Non ci si può fermare prima della felicità.
Per chi ha la sindrome di down – così come una qualsiasi altra disabilità mentale – le difficoltà sono tantissime ed è un dovere ricordarcelo. Su raiplay è possibile vedere un servizio della trasmissione Nemo, nessuno escluso andato in onda il 9 marzo 2017.
Con una telecamera a mano viene girato dalla protagonista il filmato intitolato “Mi chiamo Saveria e sono down”. Purtroppo il titolo è infelice: Saveria Beha infatti non è down. Saveria è una persona con la sindrome di Down! C’è una gran bella differenza, non credi?!
Ma andiamo oltre…
In una decina di minuti, Saveria Beha racconta di sé e dei suoi colleghi: vivono in una comunità protetta e hanno un lavoro. Anche in questo caso hanno acquisito autonomia dalla famiglia di origine e progettano il proprio futuro. C’è spazio anche per l’emozione e il sentimento, si formano coppie di fidanzati, si affronta il tema della sessualità. Non vengono nascoste le difficoltà di accettazione: Saveria intervista i passanti e chiede loro cosa sanno della sindrome di down, ricevendone risposte imbarazzate ma sicuramente spontanee e talvolta intelligenti. Saveria esprime anche la consapevolezza della difficoltà della sua condizione: “a me non piace per niente essere down”. Ma quando intervista si suoi compagni e colleghi, non la pensano affatto così. Questione di punti di vista.
Il giornalista Oliviero Beha, padre di Saveria, ricorda che per lui la nascita di una figlia down è stato uno schiaffo al cuore, ma avere una figlia down è stata un’esperienza che ha migliorato tutta la famiglia.
Per un genitore infatti le preoccupazioni più grandi sono due: la sindrome di Down rappresenta un ostacolo non tanto verso il figlio quanto nei confronti del mondo. Le persone che faranno parte della sua vita, saranno in grado di accoglierlo con rispetto e amore? E poi dall’altra parte c’è il cosiddetto “dopo di noi”: se, almeno in famiglia, i genitori sono sicuri del fatto che la porta di casa sia sempre aperta per quel figlio fragile, il timore si fa sentire al pensiero di quando il genitore non ci sarà più. Chi si occuperà di lui? Come dare a un figlio con la sindrome di Down gli strumenti che possano garantire una vita autonoma anche dopo la dipartita dei genitori?
E’ importante, anche per te che leggi e che non hai figli con la sindrome di Down, che tu possa capire profondamente come migliorare la tua sensibilità: grazie a questo potrai direttamente o indirettamente migliorare le condizioni di vita di chi è più fragile e contribuire a creare o mantenere servizi e strutture di qualità accessibili a tutti.
Un amore speciale
Qualche pensiero può essere suggerito anche dal film Un amore speciale (USA 1999). È un film a lieto fine, come spesso sono i film educativi che raccontano della vita delle persone, e sappiamo che la vita non è così facile, ma ci presenta anche le difficoltà della famiglia nell’accettare le limitazioni di una delle figlie. Vediamo così l’atteggiamento opprimente della madre che non concede fiducia alla figlia e sceglie per lei un istituto speciale, l’apparente dolcezza del padre che però è assente nei momenti cruciali, l’intervento competente del direttore della scuola che educa i suoi studenti all’indipendenza.
La madre si oppone alle richieste di autonomia della figlia, ormai giovane donna, perché ha timore di “quello che c’è là fuori”. Il direttore della scuola cerca di far comprendere alla famiglia che “l’indipendenza darà alla ragazza una cosa che nessuno di noi potrà darle: la dignità”.
Alla fine sarà proprio la madre ad affermare di avere una figlia “molto speciale”, superando il senso di inadeguatezza che le deriva dal pensare che “gli altri ti giudicano per come i tuoi figli se la cavano nella vita non per quello che sono”.
Saper vedere quello che ciascuna persona è. Questo è uno dei grandi segreti della vita: se sappiamo ascoltare e relazionarci con l’altra persona per quello che è, le riconosciamo la sua unicità e le potenzialità che la caratterizzano.
Fai ciò che puoi, ma aiuta chi è più fragile di te. Anche solo un quarto d’ora a settimana.
Rosanna Greco e Fabio Dalceri
Volontari Altravoce