Il violoncello di Claire contro la malattia terminale
Come forse saprai nel reparto di Pediatria dell’Ospedale di Esine abbiamo appena concluso, con l’Orchestra Altravoce e i suoi musicisti con e senza disabilità mentale, il laboratorio sinfonico a favore dei bambini ospedalizzati: clicca qui per vedere il servizio di Teleboario. Per fortuna non ci siamo trovati a contatto con situazioni complicate come quelle date da una malattia terminale, ma non si possono chiudere verso ciò che succede al mondo.
A volte infatti la vita si rivela difficile, a tratti indecifrabile: se un medico comunica che la malattia di cui soffre il paziente ha raggiunto lo stadio terminale poi, si può dire che cercare di interpretarla si rivela totalmente inutile. E se poi quel paziente é un bambino allora tutto si fa assurdo. Sia chi ha fede, sia chi non ce l’ha, si scontra con diagnosi che si rivelano essere in realtá delle vere e proprie sentenze – e mettono sullo stesso piano chi nella propria esistenza ha accumulato tanti soldi, chi ne ha sperperati altrettanti e chi non ne ha mai avuti.
Quando poi il malato si trova in uno sterile reparto ospedaliero insieme ad altri con il suo stesso problema, comincia a delinearsi un legittimo senso di tragedia personale, che soltanto qualcosa di estremamente speciale può cambiare la sua percezione generale, anche solo per qualche ora: questa è la storia di Claire Oppert.
La musica che dà sollievo
Claire è una violoncellista professionista francese, che con la sua arte musicale gira il mondo deliziando platee di ogni genere, ma ce n’è una estremamente speciale che la aspetta da anni ogni venerdì. Tutte le settimane, infatti, Claire va a suonare nella sala comune del reparto di Oncologia e cure palliative dell’Ospedale Sainte-Perine di Parigi, o addirittura accanto ai letti dei pazienti immobilizzati, magari da una malattia terminale.
Claire Oppert definisce suonare per chi é più fragile una missione di vita
in quanto sin da piccola ha avuto la vocazione per l’aiuto del prossimo attraverso la musica, che ha deciso di trasformare in un lavoro – non trascurando questa tendenza a voler applicare principi di musicoterapia per aiutare persone in difficoltà.
Bach, Schubert, ma anche Mozart, Brahms, Maghreb… il repertorio di Claire aumenta continuamente, anche tenendo conto delle richieste dell’esigente pubblico ospedalizzato.
“Quando i pazienti la vedono entrare, si rilassano. Le domandano di suonare Schubert o Mozart e lei le esegue perfettamente. La sua musica, oramai, è un’arte con funzioni terapeutiche”
dichiara Jean-Marie Gomas, coordinatore del reparto di riferimento dell’ospedale.
Ci vuole coraggio, e anche tanto. Pensare che le persone con cui stai parlando potrebbero trascorrere le proprie ultime ore in questo mondo non è facile, e la naturale tendenza di creare rapporti interpersonali in poco tempo, qualità tipica che appartiene a tutti, permette a chi fa musicoterapia di entrare in contatto profondamente con l’altra persona, anche in una sola seduta. Per questo il lavoro di Claire è importante: incoraggia persone che non hanno più alcuna voglia di restare in quella situazione, donando il proprio tempo e una flebile speranza che possa far vivere al meglio uno scenario dannatamente tragico.
La musicoterapia e la musica migliorano la vita
e le note danno una sensazione di benessere anche in contesti non così estremizzati come quello oncologico, proprio come é successo ai bambini della Pediatria di Esine: tenere la porta del cuore aperta a quest’arte puó davvero regalare un minimo di serenità e migliorare la qualitá dell’esistenza.
Il calciatore Jermain Defoe e il tumore del piccolo Lowery
Ci sono però casi che esulano dalla musicoterapia, ma che sono ugualmente commoventi e degni di nota: questo è il caso di Jermain Defoe e del suo piccolo migliore amico.
Jermain Defoe è un calciatore molto famoso in Inghilterra, ex centravanti della Nazionale e attualmente in forza ai Rangers Glasgow. Durante la sua permanenza al Sunderland, conosce un piccolo tifoso, Bradley Lowery, di neanche 6 anni.
Bradley era purtroppo affetto da un neuroblastoma, che aveva lasciato ben poche speranze ai genitori. Il suo più grande desiderio era quello di stringere la mano all’attaccante inglese, suo grande idolo – e la società fece di tutto per accontentarlo nel 2016 – facendogli anche segnare un gol durante la partita contro il Chelsea.
Quello che ne è scaturito però, vale molto più di un pallone, un gol o una maglietta autografata: Defoe prese in simpatia il piccolo, andandolo spesso a trovare a casa – e diventando suo amico.
Fece il giro del web una sua foto mentre dormiva con il piccolo Bradley accoccolato a lui in un tenero abbraccio: la mamma riferì che, vedendo che il bambino si era addormentato, Jermain disse:
“Qualcuno chiami Moyes (suo allenatore ndr), io questo weekend non posso giocare”.
Purtroppo, pur sembrando una favola, questa storia non ha un lieto fine. Bradley Lowery morì nel 2017 – a 6 anni – a causa della sua malattia terminale, lasciando i genitori e il suo grande idolo con un vuoto immenso. Basti pensare alla sua conferenza stampa di presentazione al Bournemouth, dove a precisa domanda sul suo rapporto con il piccolo si mise a piangere, o al fatto che abbia chiesto alla sua squadra di andare ai Rangers Glasgow, squadra di cui Bradley era tifoso.
Provare nuovamente sentimenti positivi
Come affrontare momenti così? Certamente sono i peggiori immaginabili per chiunque, ma con l’aiuto di persone sensibili – che ogni giorno fanno di tutto per rendere la sofferenza meno marcata – è possibile provare nuovamente emozioni e sentimenti positivi, proprio come è successo nelle storie di Jermain Defoe e Claire Oppert: non sono grandi gesti, ma permettono di aprire il cuore il più possibile.
Cristian Petenzi e Fabio Dalceri
Volontari Altravoce