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La Disabilità Intellettiva

Iniziamo da una definizione: disabilità intellettiva e autismo (o meglio, disturbi dello spettro autistico) sono considerati “disordini generalizzati dello sviluppo“. Questa categoria diagnostica comprende un gruppo di disordini caratterizzati da una distorsione dello sviluppo di base che riguarda:

  • la comunicazione, verbale e non verbale,
  • la capacità sociale,
  • l’attività immaginativa.

Sono inoltre compromesse le funzioni psicologiche di base come:

  • l’attenzione,
  • la percezione sensoriale,
  • l’umore,
  • il funzionamento intellettivo.

Lo Sguardo Dell’Altro

Detto questo, è chiaro come per la persona in difficoltà diventi arduo ascoltarsi e ascoltare, gestire le intrusioni e relazionarsi. L’aspetto simbolico è spesso impoverito: processi come emulazione, imitazione e confidenza sono sviluppati a livelli basilari. Immaginarsi adulti, responsabili e originali appare spesso impossibile.

L’altro, di parte sua, tende a semplificare tutto per entrare in contatto con persone con fragilità, cosa che non rede loro giustizia, né in termini umani né di relazione. Se l’interlocutore tende ad eliminare la difficoltà, impedisce che ci si misuri con la vera portata del limite. Questo atteggiamento, pur in buona fede a causa delle effettive difficoltà presenti, impedisce la costruzione di percorsi educativi efficaci. Cosa fare? Non ci sono ovviamente direzioni univoche, ciascuno è differente. Sicuro è che diventa di primaria importanza rispettare i tempi di ciascuno, prestare attenzione alla dimensione oggettuale, a cooperare in maniera coinvolgente.

Disabilità Intellettiva: Di Cosa Si Tratta

Generalmente colleghiamo la disabilità intellettiva al mancato sviluppo delle facoltà cognitive. L’introduzione di questa idea si deve alla psichiatria classica: essa ha collegato la mancanza di efficienza ad un disordine sul piano genetico e neurologico. La necessità di diagnosi ha per molto tempo impedito una concezione globale della persona con disabilità mentale. E’ infatti stata abitualmente considerata la “mancanza”, gli “aspetti deboli”, come se tale disabilità andasse a colpire tutti i settori della personalità.

Concezioni Del Ritardo Mentale

Ad incrementare la definizione di disabilità intellettiva come “mancanza di intelligenza” è stata l’introduzione di test d’intelligenza e dalla nozione di Quoziente Intellettivo. Ciò significa che la valutazione dell’intelligenza andava a definire la debolezza mentale. Esistono ora altri metodi per vedere il ritardo nel suo aspetto complessivo.

Innanzitutto è necessario avere una concezione più articolata di intelligenza. In aiuto ci vengono Piaget e Greenspam, psicologo e psichiatra. Di base essi evidenziano come l’intelligenza non sia unica, ma si esprima in diversi campi:

  • competenza fisica e motoria
  • intelligenza pratica
  • astratta (linguaggio, pensiero)
  • sociale
  • comportamentale

Anche Gardner sottolinea l’importanza di intelligenze multiple, come sul fronte della linguistica, della musica, della matematica, dello spazio, ma anche quella emotiva non è da sottovalutare.

Altro aspetto da considerare, è lo spazio simbolico che, fin da piccolissimo, il bambino sviluppa con l’ambiente. Questo evidenzia il lato interlocutorio dello stesso mediante oggetti significativi. E ancora, evidenzia le capacità di risonanza della realtà circostante in ciascuno, anche nel bambino con disabilità intellettiva.

Cause E Carattere Evolutivo

E’ possibile delinearne l’eziologia (cause) distinguendo tra due fattori: quelli progenetici e quelli metagenetici.

I fattori progenetici sono:

  • encefalopatie (mutazione di un gene specifico), rappresentano il 40% dei casi
  • disturbi della sintesi ormonale
  • alterazioni cromosomiche

I fattori metagenetici, invece, sono patologie:

  • prenatali (embrio- e fetopatie)
  • perinatali (ipossia, anossia, traumi cranio-vertebrali)
  • postnatali (traumi cranici, tumori)

Non esiste inoltre un solo tipo di disabilità intellettiva. Vi sono diversi livelli che si differenziano non in base al funzionamento intellettivo ma in base a quello adattivo. E’ il livello adattivo che determina ciò di cui la persona necessita per condurre una buona condizione di vita. Questo aspetto è anche estremamente legato all’intelligenza in senso ampio: come capacità d’adattamento all’ambiente, di evolutività del processo morboso, di esistenza di un legame dinamico fra persone e ambiente circostante. Per riassumere questo aspetto, possiamo dire che l’evoluzione è influenzabile, in senso positivo e in senso negativo. Ciò che fa la differenza sono i fattori ambientali (l’istruzione e gli stimoli), che possono determinare un buono sviluppo delle capacità adattive. Un ambiente povero e poco stimolante può contrariamente portare alla costruzione di un’immagine negativa di sé con conseguente abbassamento dell’autostima, impoverimento e ritiro della persona con disabilità in sé stessa.

I Livelli Di Gravità

I quattro livelli di gravità sono: lieve, moderato, grave ed estremo.

  • Il grado lieve è il più diffuso e non sempre evidente prima dell’ingresso nella scuola. In questo caso è di base possibile l’acquisizione, in età adulta, di capacità sociali e occupazionali adeguate all’autosostentamento, con eventuale affiancamento a figure di sostegno.
  • Il grado moderato determina il rallentamento dell’acquisizione delle abilità scolastiche, oltre che la necessità di lavorare in ambienti protetti e sotto supervisione.
  • La disabilità intellettiva grave comporta limiti nella produzione verbale e difficoltà comunicative, che costituiscono un ostacolo allo svolgimento di compiti anche minimi
  • Il grado gravissimo è un caso estremo e raro che determina la compromissione del funzionamento senso-motorio, una comprensione molto limitata della comunicazione e una quasi totale dipendenza dagli altri.

Il Nostro Approccio

Nel corso del tempo anche con il nostro lavoro abbiamo appurato che la disabilità intellettiva, per quanto grave, richiede la presenza di occasioni simboliche e performative che consentano il progressivo esercizio del sé. Un contesto che diventi una sorta di palestra di trasformazione, dove dimensione verbale e non verbale sono armonizzate, che sostenga l’esplorazione, che permetta l’elaborazione sei sentimenti. Insegniamo a non lasciarsi scoraggiare o distrarre dalle difficoltà, al fine di ottenere buoni risultati e di scoprire davvero la “voce” di chi ha difficoltà ad esprimerla.

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