Lo zaino di Emma
Emma ha la sindrome di Down e la sua mamma per spiegarlo ai bambini – e in particolar modo alla sorella maggiore e al fratellino minore – racconta una storia:
È come se Emma avesse uno zaino pesante sulle spalle, che le complica un po’ le cose, le fa fare più fatica in tutto, ma non c’è nulla che non proverà a fare, se lo vorrà. A volte quello zaino contiene solo il necessario, a volte ha un’attrezzatura più pesante, dipende dall’impresa che dovrà affrontare. Più l’avventura sarà impegnativa, più il suo zaino peserà e lei dovrà metterci più impegno e farà fatica.
Martina Fuga, mamma di Emma e autrice del libro “Lo zaino di Emma”, ci fa riflettere su questo “zaino” pesante da cui Emma non se ne può liberare; le persone che la circondano potranno aiutarla, ma non a liberarla da questo peso o portarlo al suo posto.
Un figlio è un dono, non la sua disabilità
Ci sono persone che a volte affermano che “la disabilità di un figlio è un dono, ma dovrebbero chiederlo ai nostri figli!”; Martina, da madre – con toni pacati, ma con sincerità e fermezza – ci spiega che Emma è un dono, non la sua disabilità; un figlio è un dono, non la sindrome.
Ogni giorno, Emma combatte una dura battaglia per conquistarsi piccoli e grandi traguardi che la sorella e il fratello hanno raggiunto prima di lei e sicuramente con meno fatica: parlare e farsi capire, allacciarsi le scarpe da sola, leggere, scrivere…
Ogni mamma – forse – di fronte ad un figlio disabile almeno una volta si è posta la domanda “come sarebbe se…” e ancora, cosa ne sarà di mio figlio se io non dovessi più esserci a proteggerlo, ad aiutarlo a superare i grandi ostacoli della vita? Una domanda legittima a cui Martina non dà una risposta ma ci offre la testimonianza della lotta quotidiana di Emma e di chi le sta intorno.
Le difficoltà di un genitore
Martina Fuga si mette a nudo, non nascondendo le sue difficoltà nell’affrontare tanti piccoli e grandi problemi quotidiani nella cura di Emma. Innanzitutto la pazienza, che non è una delle sue doti; ma con Emma è necessario seguire il suo ritmo, perché per ognuno di noi c’è un tempo diverso per imparare ed Emma ha bisogno di più tempo, ha bisogno di conoscere i passi e processi nei minimi dettagli per raggiungere l’obiettivo. E poi la burocrazia contro cui ci si scontra in continuazione per ottenere il sostegno a cui si ha diritto per legge e non ultimo la mancanza di rispetto attraverso il linguaggio usato dai più che è carico di stereotipi e disprezzo per una categoria di persone che ogni giorno cerca di vivere con dignità la propria disabilità.
Ma poi ecco che esce anche la rabbia che la assale quando si domanda perché proprio a Emma doveva capitare di nascere disabile. Tutti sentimenti con cui ogni genitore con un figlio disabile ha dovuto prima o poi fare i conti.
I traguardi di Emma
E poi ci sono soprattutto i traguardi. La mamma a volte vorrebbe che la sua piccola rimanesse sempre bambina, non crescesse mai, ma Emma le dà delle belle lezioni. Nonostante qualche “specialista” abbia detto che difficilmente Emma potrà leggere con scioltezza, grazie anche all’amore e alla tenacia sua e delle insegnanti, si porta a casa un bel dieci e lode in lettura.
Oppure l’episodio di Natale, mentre Emma scarta i regali e si accorge che è confezionato con carta riciclata già vista in casa esclamando che quello non l’ha portato Babbo Natale…
Uno stupore quotidiano
Insomma, ogni giorno è una conquista: quando la mamma si sente scettica sul fatto che Emma potrà superare un nuovo ostacolo, ecco che la figlia la stupisce con il raggiungimento di una nuova meta.
E come spiegare a Emma che non è una bambina come tutte le altre, ma che è speciale?
Come dirle che ha la sindrome di Down?
forse è uno dei passaggi più difficili, ma ancora una volta di fronte alle parole tentennati della mamma che tenta di spiegare, risponde semplicemente
“Lo so… Perché faccia triste, mamma? Io sono una bambina felice!”
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Emma Roma
Volontaria di Altravoce Onlus