Franco e Andrea: baci a tutti
2013, Gordon College, Massachusetts, Stati Uniti. Un gruppo di studenti, supportati dal loro professore di filosofia, il dottor Brian Glenney, cambia il simbolo del disabile. Non più una persona passiva e inerme, bensì un’immagine che genera nuove idee e nuove associazioni di pensiero, anche per chi disabile non è: una persona disabile attiva, che si muove e va verso il suo futuro, capace di scegliere la propria vita o di viverla.
Il fondo azzurro è lo stesso di prima, così come la figura stilizzata bianca. E’ l’atteggiamento che cambia ed è completamente diverso: qui la persona con disabilità è proiettata in avanti, le braccia sono appoggiate perché ricerca una spinta, le gambe sono inclinate in avanti e le ruote della sedia sono in movimento.
Il mondo sta cambiando
E’ da un po’ di anni che il mondo sembra stia maturando una concezione sempre più umana della condizione limitante della disabilità. Si, è vero, ci sono ancora tantissimi passi da fare, soprusi di ogni genere nei confronti di chi è più fragile, ma sarai d’accordo con me che si sta definendo una nuova empatia nei confronti di chi è come te ma con una disabilità.
Modificare un simbolo può sembrare superfluo ma in realtà è una piccola rivoluzione nel pensiero delle persone, che lentamente cambia le coscienze.
La consapevolezza di Alessio, 7 anni
E a proposito di coscienza, colpisce la consapevolezza di Alessio, un bambino di 7 anni con disabilità motoria e intellettiva che con carta e penna scrive:
Abbiamo detto che siamo tutti diversi, nell’aspetto e nel carattere. Ognuno di noi ha pregi e difetti, ma alcune diversità sono più evidenti.
Per esempio, io non so camminare, invece Lorenzo è distratto e Feres non sa leggere, ma abbiamo altre abilità: io so leggere bene, scrivere, giocare e cantare.
Essere diversi è una ricchezza, perché sarebbe brutto essere tutti uguali e possiamo imparare dagli altri.
Così come ne parlavamo con Luca quando abbiamo trattato il tema della diversità come fonte di ricchezza, conoscere il pensiero di un bambino disabile di 7 anni può permetterci di capire come qualsiasi diversità o disabilità possa essere vissuta – almeno al di fuori dell’ambito famigliare – non come un peso ma come una caratteristica che contraddistingue quella persona con capacità differenti dalle nostre.
Dietro a una persona autistica
E cosa dire quando i pensieri arrivano da un ragazzo con autismo?
E’ il caso del famoso papà Franco Antonello, che con l’intento di far conoscere al mondo i pensieri del figlio Andrea, scrive a sei mani “Baci a tutti“.
Desideravo far conoscere gli scritti di Andrea, sia perché sono un papà orgoglioso sia perché è il modo sincero con cui si esprime e ci permettono di capire cosa c’è dietro il muro della mente autistica.
Il problema più grande di chi ha un autismo è che non comunica in un modo tradizionale ma “personalizzato”. Un nostro allievo del Triennio di Musica Inclusiva, spesso ripete “com’è il volume?” per intendere più significati, più cose da dire. Usa una frase quando in realtà si dovrebbero usare 9 o 10 frasi diverse da “com’è il volume?” per esprimere ciò che vorrebbe dire in quel momento (che non ha a che fare con il volume).
Secondo Franco, “qualunque tentativo di dialogo rimane un dialogo marziano-terrestre: non abbiamo la stessa lingua.
Non so cosa darei per poter parlare davvero con lui, è il mio sogno che rincorrerò finché ne avrò le forze.
E a proposito di consapevolezza, Andrea sa bene di essere autistico e spesso gli piace prendere un po’ in giro tutte quelle persone che possono sentirsi a disagio con i suoi modi di fare.
Baci a tutti: il libro di Franco e Andrea
Ma “com’è la vita per Andrea?” si chiede suo papà.
Con i suoi pensieri in mano, quelli di Baci a tutti, per la prima volta ho avuto la sensazione di essere dentro la sua testa, di capire com’è il suo mondo e ascoltarlo nel suo esprimersi.
Dietro ai pensieri di Andrea, tradotti e originali, c’è un ragazzo. Pensi sia scontato vero? Invece non lo è affatto. Quando, per Altravoce, incontro imprenditori di ogni genere e parlo loro dell’importanza di essere nella nostra squadra per l’inclusione e integrazione delle persone con disabilità, alcuni mi guardano con occhi da pesce lesso per poi girare il volto dall’altra parte, senza accorgersene, quasi a dire “Disabili? Non è affar mio…” resto sempre amareggiato; mi chiedo sempre: come può tirarsi indietro?
Sono veramente convinto del fatto che se queste persone riuscissero a capire anche solo per una volta, il linguaggio di chi è autistico o disabile, riuscirebbero ad aprire anche solo uno spiraglio nel loro petto, nel loro cuore, nella loro testa e non potrebbero far altro che rimboccarsi le maniche e iniziare ad aiutare.
Le 4 Terre Promesse
Nel racconto di Andrea, Franco, parenti, insegnanti e amici – nelle pagine di Baci a tutti, – ci sono quattro Terre Promesse:
- Un buon modo per cominciare un’amicizia
- Una persona che non si spaventa
- Una barca lontana
- Un bar a Salatronda
Da queste “terre”, puoi ricavare distillati di vita unici dai pensieri di Andrea, come:
Stare soli permette di conscerci meglio, in libertà.
Dimmi la verità, non lo trovi un pensiero profondissimo? Conosco “guru” del coaching che si fanno pagare migliaia di euro alla volta per accedere a queste forme di pensiero, frequentando i loro corsi. Ed è naturale che ognuno di noi sia alla ricerca di pensieri profondi. Siamo sommersi dal continuo intrattenimento, tra tv e social network e non siamo capaci di restare un po’ soli con noi stessi. Oppure dall’altra parte, andiamo alla ricerca di questi pensieri per apprenderli da religioni e filosofie, basti pensare allo Zen e alle sue discipline. Franco e Andrea sono davvero un esempio di come, nonostante una disabilità, una persona può avere un pensiero adulto.
Se quindi dietro ad un ragazzo con autismo c’è una persona che ci può dare cose preziose,
Che cosa succede quando, ad insegnarci massime di vita, è un ragazzo con autismo?
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Fabio Dalceri
Direttore di Altravoce Onlus